🇮🇹 TUTTI VOGLIONO VIAGGIARE IN PRIMA
Una riflessione per la XXIX Domenica, T.O. - B. (17-10-2021)
< Mc 10,35-45 (Tra voi non sia così).
I.
Anni fa era uscita una canzone che diceva: “Uno su mille ce la fa”. Ho sempre odiato quella canzone. Solo uno su mille ce la fa? E gli altri 999?
E poi mi chiedevo “uno su mille ce la fa”, a far che cosa? A diventare ricco, famoso, riuscito? E cosa vuol dire essere riuscito?
Fin dalla nostra giovinezza ci hanno inculcato il falso mito della competitività: essere i primi della classe, vincere il primo posto nelle gare, essere i più bravi sul lavoro, aggiudicarsi il migliore appalto… e questo ci ha messi in uno stato continuo di competizione, in una gara continua in cui bisogna arrivare sempre primi. E quando non arriviamo al primo posto arrivano le frustrazioni, le delusioni, ci sentiamo umiliati e messi da parte come coloro che non ce l’hanno fatta. E ci dobbiamo rassegnare perché solo “uno su mille ce la fa” e noi siamo con i 999 che non ce l’hanno fatta.
II.
Anche il Vangelo di oggi ci mostra questa mentalità di competizione, quando Giacomo e Giovanni vanno da Gesù e gli dicono: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo» e cioè: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». Vogliono i primi posti. E per gli altri 10? Chissenefrega, che si arrangino. Prima noi. Dopo 2000 anni sentiamo ancora gli stessi discorsi: “Prima gli americani, prima i Francesi, prima gli Italiani…” e gli altri? Chissenefrega.
III.
E Gesù ancora una volta, invece di mandare al diavolo i suoi discepoli dalla testa dura, si siede e li istruisce con pazienza: “tra voi non sia così”. Non ambite ai primi posti ma agli ultimi, per servire tutti, perché tutti possano progredire, nessuno escluso, nessuno deve restare indietro.
Tempo fa in un consiglio di classe un professore sosteneva che non si potevano promuovere tutti gli alunni e che quindi si doveva bocciare qualcuno per dimostrare la serietà della scuola. Quando gli fu detto “ok allora bocciamo tuo figlio”, ecco che ha cambiato subito idea.
Dobbiamo considerare gli altri come nostri figli, fratelli, familiari e non solo dei numeri di una lista di appello o di un letto di ospedale. Ricordo che quando entrai in una classe per fare lezione, il capoclasse fece l’appello non chiamando ciascuno per nome, ma per numero, 1 presente 2 presente, 3, 4, etc. E quando ho chiesto perché non chiamava per nome mi rispose che era per fare più presto e non perdere tempo. Io gli dissi che durante le mie lezioni i miei studenti dovevano essere chiamati per nome, e non sentirsi oggetti numerati, perché chiamare qualcuno per nome non è buttare via il tempo, anzi è proprio un appello fatto di numeri che è tempo buttato.
IV.
“Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni”. Non ho capito bene se si indignarono perché si sentivano esclusi e volevano anche loro i primi posti, o se si indignarono perché avevano capito il messaggio di Gesù e si distanziavano da quello che avevano detto i due compagni. In ogni caso anche a loro Gesù dice che Lui è venuto non per essere servito ma per servire e dare la vita. Ecco chi per Gesù ce la fa: chi serve. Il suo slogan è: “Chi non serve, non serve”.
Allora non uno su mille, ma mille su mille ce la fanno. Perché per farcela non bisogna essere il primo, il più bravo, il migliore, chi si fa servire, ma chi serve, chi ama. Perché il servizio di cui parla Gesù non è quello di chi agisce costretto dalla schiavitù e quindi è obbligato a servire, ma chi serve con amore, per libera scelta. Come i genitori che “servono” i loro figli con amore, lavorando per mantenere la famiglia, sacrificando spesso i propri desideri per realizzare quello dei figli perché il loro desiderio maggiore è la felicità dei figli. Come i medici che “servono” i loro pazienti con gentilezza, attenzione alleviandole loro sofferenze. Come gli insegnanti che “servono” i loro studenti preparando bene le lezioni, accompagnando quelli che fanno più fatica. Come i sacerdoti e consacrati che “servono” i loro fedeli ascoltandoli, andando loro incontro con la stessa tenerezza di Gesù. Come tutti coloro che “servono” gli altri trattandoli bene, aiutandoli dentro le proprie possibilità. Sono questi che nella vita “ce la fanno” e non l’1 per mille che realizza solo se stesso.
V.
“Tutti vogliono viaggiare in prima, con il posto finestrino”, diceva Ligabue in una sua bella canzone. Ma non si tratta di una pretesa arrogante, ma di un diritto di tutti: Tutti hanno il diritto di viaggiare bene sul treno della vita, senza prime, seconde o terze classi… perché tutti abbiamo diritto di abitare il mondo con dignità, non solo alcuni, i più fortunati. Un mondo senza inferiori e superiori.
Chi vuole mostrarsi superiore in realtà non ha un complesso di superiorità ma di inferiorità: se per essere felice uno deve sentirsi al di sopra degli altri, capite bene che ha dei problemi. L’amore ci rende tutti uguali, ci mette tutti su un livello superiore, ci rende Fratelli Tutti.
VI.
Gesù per la terza volta annuncia la sua passione e morte e per tre volte i discepoli pensano al potere e alla gloria. Anche con noi Gesù invia spesso il suo messaggio di servire con amore e noi spesso ci comportiamo come i suoi apostoli dalla testa dura. Se due settimane fa Gesù doveva curare la “sclerocardia” cioè la “durezza di cuore” oggi deve curare la “sclerocefalia” cioè la “durezza della testa” o la testa dura degli apostoli e nostra.
Ma ti preghiamo Signore. Non mandarci al diavolo ma siediti ancora con noi e non stancarti mai di curare la nostra “sclerocefalia” e di insegnarci che l’unica cosa che serve è servire con amore. Come hai fatto Tu.
🇵🇹 TODA A GENTE QUER VIAJAR NA PRIMEIRA CLASSE
Uma reflexão para o XXIX Domingo, T.O. - B. (17-10-2021)
< Mc 10:35-45 (Que não seja assim entre vós).
I.
Há anos saiu uma canção que dizia: "Um em cada mil vai conseguir”. Sempre detestei essa canção. Apenas um em mil vai conseguir? E quanto aos outros 999?
E depois perguntei-me: "Um em mil consegue" a fazer o quê? Para se tornar rico, famoso, bem sucedido? E o que significa ser bem sucedido?
Desde a nossa juventude temos sido instilados com o falso mito da competitividade: estar no topo da classe, ganhar o primeiro lugar nas competições, ser o melhor no trabalho, ganhar o melhor contrato... e isto colocou-nos num estado constante de competição, numa corrida contínua na qual devemos estar sempre em primeiro lugar. E quando não chegamos primeiro, ficamos frustrados, ficamos desiludidos, sentimo-nos humilhados e marginalizados como aqueles que não se sucederam. E temos de nos resignar porque só "um em mil consegue" e nós ficamos com os 999 que não conseguiram.
II.
O Evangelho de hoje também nos mostra esta mentalidade de competição, quando Tiago e João vão ter com Jesus e lhe dizem: "Mestre, queremos que faças por nós o que te pedimos" e isto é: "Concede-nos sentar na tua glória, um à tua direita e outro à tua esquerda". Eles querem os primeiros lugares. E quanto aos outros 10? Quem se importa, que se virem. Nós primeiro. Após 2000 anos ainda ouvimos os mesmos discursos: “Antes os americanos, os franceses primeiros, os italianos primeiros…” e os outros? Quem se importa?
III.
E Jesus mais uma vez, em vez de enviar os seus discípulos de cabeça dura para o inferno, senta-se e pacientemente instrui-os: "Que não seja assim entre vós". Não aspire aos primeiros lugares mas sim aos últimos, para servir a todos, para que todos possam viver, progredir, ninguém excluído, ninguém deixado para trás.
Há algum tempo, num conselho da escola, um professor disse que nem todos os alunos podiam ser promovidos e que, portanto, alguém tinha de ser reprovado para mostrar que a escola era séria. Quando lhe foi dito 'OK, então vamos reprovar o seu filho', ele mudou imediatamente de ideias.
Temos de considerar os outros como nossos filhos, irmãos, membros da família e não apenas números numa lista de chamada nominal ou numa cama de hospital. Lembro-me quando fui a uma aula para dar uma lição, o chefe da turma fez a chamada não pelo nome, mas pelo número, 1 presente 2 presente, 3, 4, etc. E quando lhe perguntei porque não chamava pelo nome, respondeu que era para ser mais rápido e não perder tempo. Disse-lhe que durante as minhas aulas os meus alunos deviam ser chamados pelo nome, e não sentir-se como objectos numerados, porque chamar alguém pelo nome não é perda de tempo, pelo contrário, uma chamada feita de números que é perda de tempo.
IV.
"Os outros dez, tendo ouvido, começaram a ficar indignados com Tiago e João”. Não percebi bem se estavam indignados porque se sentiam excluídos e também queriam os primeiros lugares, ou se estavam indignados porque tinham compreendido a mensagem de Jesus e se distanciaram do que os dois companheiros tinham dito. Em qualquer caso, Jesus diz-lhes que não veio para ser servido, mas para servir e dar a sua vida. Quem para Jesus “vai conseguir” são aqueles que servem. O seu slogan poderia ser "Quem não serve, não serve".
Portanto, não um em mil, mas mil em mil vão conseguir. Porque para conseguir, não é preciso ser o primeiro, o melhor, aquele que se deixa servir, mas sim aquele que serve, aquele que ama. Porque o serviço de que Jesus fala não é o de quem age forçado pela escravatura e é, portanto, obrigado a servir, mas o de quem serve com amor, por livre escolha. Tal como os pais que "servem" os seus filhos com amor, trabalhando para manter a família, muitas vezes sacrificando os seus próprios desejos para realizar o dos seus filhos (porque o maior desejo deles é a felicidade dos seus filhos). Tal como os médicos que "servem" os seus pacientes com bondade, cuidado, aliviando o seu sofrimento. Como os professores que "servem" os seus alunos preparando bem as suas aulas, acompanhando aqueles que mais precisam. Como os sacerdotes e pessoas consagradas que "servem" os seus fiéis escutando-os, saindo ao seu encontro com a mesma ternura de Jesus. Como todos aqueles que "servem" os outros, tratando-os bem, ajudando-os dentro das suas possibilidades. Estes são os que “conseguem” na vida, e não os “um por mil” que só realizam a si próprios.
V.
"Todos querem viajar em primeira classe, com um lugar à janela", disse Ligabue numa das suas belas canções. Todos têm o direito de viajar bem no comboio da vida, sem primeira, segunda ou terceira classe... porque todos nós temos o direito de habitar o mundo com dignidade, e não apenas alguns, os mais afortunados. Um mundo sem inferiores e superiores.
Aqueles que querem parecer superiores não têm um complexo de superioridade, mas um complexo de inferioridade: se para se ser feliz é preciso sentir-se acima dos outros, pode-se bem compreender que eles têm problemas. O amor torna-nos todos iguais, coloca-nos a todos num nível superior, torna-nos a todos irmãos, Fratelli Tutti.
VI.
Pela terceira vez Jesus anuncia a sua paixão e morte, e três vezes os discípulos pensam em poder e glória. Connosco também Jesus envia frequentemente a sua mensagem de servir com amor, e nós comportamo-nos frequentemente como os seus apóstolos de cabeça dura. Se há quinze dias atrás Jesus teve de curar a "esclerocardia", ou seja, a "dureza de coração", hoje ele tem de curar a "esclerocefalia", ou seja, a "dureza da cabeça" ou as cabeças duras dos apóstolos e de nós.
Mas nós rezamos a Ti, Senhor. Não nos mande para o inferno, mas sente-te connosco novamente, e nunca te canse de curar a nossa "esclerocefalia" e de nos ensinar que a única coisa de que precisamos é de servir com amor. Tal como Tu fizeste.
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