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INTELLIGENZA ARTIFICIALE, OVVERO LA “MACCHINA SPIRITUALE” (Massimo Cacciari)  

Immagine del redattore:  P. Ezio Lorenzo Bono, CSF P. Ezio Lorenzo Bono, CSF

  



Commento al Vangelo della

Lc 13,1-9


I.
Pochi giorni fa ho partecipato all'Accademia dei Lincei qui a Roma a un'interessantissima conferenza del famoso filosofo Massimo Cacciari, dal titolo suggestivo: “Ay, Sir, where lies that? Riflessioni su coscienza e macchina spirituale”. Dopo aver esordito affermando la necessità di superare la divisione tra naturale e artificiale - poiché tutto è prodotto dal naturale - Cacciari, nello svolgimento del suo discorso, ha sollevato però domande che ignoravano la chiave di lettura che lui stesso aveva suggerito all'inizio. Durante la sessione delle domande, gli ho fatto notare come, a mio avviso, la sua interpretazione dell'intelligenza artificiale come “macchina spirituale”, alla quale sembra attribuire una rete neurale funzionale equivalente al cervello, così come un'intenzionalità e un'autocoscienza in realtà inesistenti, alimenti visioni distopiche inquietanti del futuro. Interpretazioni sbagliate fomentano paure infondate e visioni distorte della realtà, spesso catastrofiche, comunque sempre inesatte.

II.

Un esempio di letture arbitrarie della realtà lo ritroviamo nel Vangelo di questa III Domenica di Quaresima, che ci parla di un fatto avvenuto al tempo di Gesù: alcuni Galilei furono uccisi dai soldati di Pilato nel Tempio, probabilmente in seguito a un episodio di insubordinazione. Dalla risposta di Gesù si può ipotizzare che i farisei avessero interpretato quel massacro come un castigo di Dio, che avrebbe punito i Galilei - considerati dei poco di buono dai Giudei - per qualcosa che certamente avevano fatto. Era comune giustificare la presenza del male nel mondo attribuendolo ai peccati degli uomini. Le disgrazie, le malattie, erano viste come castighi di Dio. Nel caso in cui venissero colpiti bambini o innocenti - come nel caso del cieco nato - la colpa veniva attribuita ai peccati dei genitori, il cui castigo ricadeva sui figli. Ma Gesù smentisce questa logica. In più occasioni ha affermato che le colpe dei padri non ricadono sui figli e che Dio non punisce i cattivi in questo modo. Nel brano evangelico di oggi, Gesù ribatte ai farisei con una domanda provocatoria: "E quei diciotto su cui rovinò la torre di Siloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme?" Certo che no!

Di fronte al mistero del male nel mondo, se non troviamo risposte, spesso ce le inventiamo. Papa Francesco, in un'intervista a Che tempo che fa, quando Fabio Fazio gli chiese perché i bambini soffrono, rispose onestamente: “Non lo so!”. La sofferenza degli innocenti è un mistero così grande che non si riesce a comprendere. E il Papa ha fatto bene a dare quella risposta, senza arrampicarsi sugli specchi nel tentativo di spiegare l'inspiegabile. Alla fine, Gesù racconta la parabola del fico, il cui padrone per anni ha cercato frutti, trovando invece solo foglie. I frutti che le piante producono non servono a loro stesse, ma agli altri. E noi? In tutti gli anni della nostra vita, siamo stati capaci di produrre frutti per gli altri, o abbiamo prodotto solo foglie? La parabola conclude che Dio è paziente, ma non all'infinito. Ci dà ancora tempo per produrre qualcosa di buono, ma se rimarremo sterili, alla fine saremo tagliati e buttati via. Ognuno dovrà rispondere per sé, e non per gli altri.

III.
In conclusione.

Massimo Cacciari, introducendo il titolo della sua conferenza con quella domanda tratta dall'Amleto di William Shakespeare, "Ay, Sir, where lies that?", voleva mettere approfondire il rapporto tra la coscienza umana e l'intelligenza artificiale, la cosiddetta “macchina spirituale”. Ma insistere nel definire spirituale o intelligente ciò che è solo una macchina, attribuendole proprietà umane, apre lo spauracchio di scenari funesti. Conclusi la mia domanda al professor Cacciari con un'osservazione provocatoria: "Ora che la Chiesa si è aperta in modo sorprendente alla rivoluzione digitale senza intraprendere crociate sterili - come fece in passato nei confronti del modernismo e delle rivoluzioni scientifiche - sarà forse il mondo dell'accademia e degli intellettuali a intraprendere una crociata?"

Ecco, allora, che la domanda giusta non è più “Where lies that?”, ma “Where do I lie?” - Dove sono io? Non è una questione astratta o teorica, ma una questione esistenziale e spirituale. Più che interrogarci se le macchine hanno o avranno una coscienza, dovremmo chiederci se noi abbiamo una coscienza retta, se siamo davvero consapevoli di chi siamo, di cosa facciamo della nostra vita, del senso che le diamo. Perché il problema non sono le macchine, ma l'uomo che le usa. Se quest'uomo è un albero sterile, che si nutre solo di se stesso e non porta frutto, le macchine che creerà e il modo in cui le utilizzerà saranno solo lo specchio del suo egoismo e della sua sterilità. Ma se l'uomo sceglie di portare frutto, se si apre alla verità, se sceglie la via della giustizia e dell'amore per gli altri, allora anche ciò che costruisce - le sue opere, le sue invenzioni, il suo sapere - sarà un'occasione di vita per tutti.

La pazienza di Dio è grande, ma non infinita: ti chiediamo anche noi, Signore, di pazientare con il nostro albero: “Vedremo se porterà frutti per l'avvenire; se no, lo taglierai”.



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