IL TRIONFO DI TITO
- P. Ezio Lorenzo Bono, CSF
- 8 apr
- Tempo di lettura: 4 min

Commento al Vangelo della
Domenica delle Palme (Anno C) (13/04/2025)
Lc 22,14-23,56
I.
L'entrata trionfale, detta anche Trionfo, era l'onore più grande concesso dal senato romano alle grandi figure che si erano distinte sul campo di battaglia e avevano ottenuto importanti successi militari. Sembra che fosse necessario aver ucciso almeno 5000 nemici per avere diritto, al ritorno a Roma, a un ingresso trionfale. Il vincitore veniva rivestito con una veste trionfale, una corona d'alloro sul capo, lo scettro in mano, e procedeva sopra un carro trainato da cavalli bianchi. Dall'Arco di Trionfo si dirigeva in pompa magna verso il Campidoglio, attraversando una città ornata di fiori e profumi, tra una folla di cittadini vestiti di bianco che cantavano e acclamavano il vincitore. Nella processione sfilavano davanti a lui i soldati, l'armata con le insegne d'oro, i nemici prigionieri, il bottino di guerra, le vittime per l'immolazione agli dèi. Dietro al trionfatore seguivano i parenti e i congiunti. Arrivato al Campidoglio, l'eroe offriva sacrifici a Giove, e il Trionfo si concludeva con banchetti sontuosi. Di questi eventi solenni abbiamo ancora molte testimonianze scolpite nel marmo: archi trionfali che possiamo ammirare ancora oggi qui a Roma.
II.
Quando i soldati romani hanno sentito parlare di un "ingresso trionfale" di Gesù a Gerusalemme, avranno forse pensato a una processione come quelle che conoscevano a Roma. Ma quando hanno visto quel Galileo - che non aveva ucciso neppure una mosca - entrare in città su un asino, vestito da una semplice tunica, tra gli schiamazzi di una folla che lo acclamava re... si saranno spanciati dal ridere. Avranno pensato a una farsa. A una carnevalata. E che fosse proprio una farsa, almeno agli occhi della gente, ne avremo conferma pochi giorni dopo: quelli che la domenica gridavano “Osanna al Figlio di Davide” il venerdì grideranno “Crocifiggilo”.
Ma per Gesù non si è trattato di una messinscena. Cavalcando un asino - e non un cavallo - ha mostrato chiaramente di non essere un generale, un condottiero potente, ma un Messia mite, disarmato, umile. È una specie di “parodia sacra”, un rovesciamento ironico dei canoni del potere e della gloria umana. E quell'asino che ha trasportato Gesù era solo il primo di una lunga serie di "asini" che Gesù avrebbe incontrato in quei giorni.
[- Gli asini che gridavano “Osanna” e poi “Crocifiggilo”; - Gli asini farisei che volevano far tacere la folla; - Gli asini mercanti del tempio, che avevano trasformato la casa di Dio in una spelonca di ladri; - Gli asini capi dei sacerdoti, scribi, anziani che volevano farlo morire, e che mandarono altri asini di informatori con domande trabocchetto; - Gli asini sadducei che cercavano di ridicolizzarlo con la storia della vedova e dei sette mariti; - L'asino Giuda, che non aveva capito nulla del Maestro; - L'asino Pietro, pronto a morire ma che poi rinnega davanti a una serva; - I tre discepoli asini che non riescono a vegliare nemmeno un'ora; - Gli asini apostoli che fuggono all'arresto; - Gli asini del sinedrio che lo condannano; - L'asino Pilato che se ne lava le mani; - L'asino Erode che spera in uno spettacolo; - Gli asini della folla che cambiano opinione in pochi giorni; - Gli asini soldati che lo insultano e lo crocifiggono; - L'asino malfattore alla sua destra che continua a insultarlo anche sulla croce.
Eppure, in quella “fiera degli asini”, Gesù incontra anche degli angeli.
- L'angelo Maria di Betania che lo unge con profumo prezioso; - Gli angeli Lazzaro e le sue sorelle, che lo accolgono con amicizia; - L'angelo, la moglie di Pilato, che lo difende con coraggio; - L'angelo Maria, sua madre, e le donne che restano ai piedi della croce; - L'angelo Giovanni, il discepolo amato, che riceve la madre in consegna; - L'angelo buon ladrone, a cui Gesù promette il Paradiso; - L'angelo Giuseppe d'Arimatea che lo toglie dalla croce e lo depone nel sepolcro che gli ha donato.]
III. Per concludere.
Circa quarant'anni dopo l'ingresso umile di Gesù a Gerusalemme, un altro corteo attraversò quella stessa città: quello dell'imperatore Tito, che nel 70 d.C. rase al suolo Gerusalemme dopo un lungo assedio. Il Tempio - che era il massimo orgoglio del popolo d'Israele - venne incendiato e distrutto, decine di migliaia di persone furono uccise, e i superstiti deportati in catene. I tesori sacri, tra cui la menorah d'oro del Santuario (il grande candelabro a sette bracci, realizzato interamente in oro puro), furono portati a Roma come bottino di guerra. Per celebrare quella vittoria, al suo ritorno fu organizzato il più grande trionfo militare della storia romana, e fu eretto l'Arco di Tito, che ancora oggi si può vedere nel Foro Romano, accanto al Colosseo. Gesù entra a Gerusalemme su un asino, per donare la vita e vincere la morte. Tito entra su un carro da guerra, per distruggere e imporsi con la forza. Gesù piange su Gerusalemme. Tito la cancella senza pietà.
Ancora oggi esistono le stesse logiche: quella dell'esercito del trionfo di questo mondo, con la sua apparenza, violenza e dominio -che è anche la logica della fiera degli asini, segnata da tradimenti, interessi e sopraffazioni. E poi c'è la logica di Gesù: quella della semplicità, dell'umiltà, dell'amore verso tutti. Noi - che siamo stati creati “poco meno degli angeli” (Sal 8) - non siamo chiamati né al trionfo umano, né al tradimento codardo, ma a vivere come angeli in questo mondo, con umiltà, fedeltà e silenziosa presenza, come quella di Gesù sul dorso dell'asino. Allora entreremo anche noi, un giorno, nella Gerusalemme celeste: non per prendere parte a una processione trionfale, né tantomeno a una “fiera degli asini”, ma - finalmente - alla “schiera degli angeli”.
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