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Immagine del redattore P. Ezio Lorenzo Bono, CSF

🇮🇹 I MIGLIORI ANNI DELLA NOSTRA VITA 🇵🇹 OS MELHORES ANOS DA NOSSA VIDA 🇬🇧 THE BEST YEARS...



🇮🇹 I MIGLIORI ANNI DELLA NOSTRA VITA

Una riflessione per la XI Domenica, T.O. - B. (13–6-2021)

< Mc. 4,26-34 (Il Regno di Dio come un seme).


I.

Se io vi chiedessi: quali sono i migliori anni della vostra vita? Forse molti risponderebbero: quelli della mia gioventù, oppure quando andavo a scuola o all’università, quando mi sono sposato, quando sono nati i miei figli, quando lavoravo, quando ho fatto quei bellissimi viaggi o vacanze, quando ho vissuto quelle esperienze… Chissà perché quando parliamo dei momenti più belli della nostra vita, coniughiamo sempre i verbi al passato. I migliori anni della nostra vita sono quelli che stiamo vivendo, perché sono gravidi di tutto ciò che di buono abbiamo vissuto finora. Tutto quello che c’è stato di bello nella nostra vita ce lo portiamo con noi ed ogni anno si arricchisce di momenti unici, di incontri nuovi, di esperienze che fino all’anno scorso non avevamo ancora fatto. Tutto il bello del passato diventa presente e ci apre al futuro. Non dobbiamo vivere di passato o di ricordi, ma vivere pienamente ogni istante, con gratitudine e aperti al futuro che Dio vorrà per ciascuno di noi.

Di sicuro il meglio deve ancora venire, perché Dio ci riserva una felicità senza fine con Lui.

II.

La felicità di cui ci parla il Vangelo non è qualcosa che riguarda solo il futuro, ma anche il presente, così come ha riguardato anche il nostro passato, molte volte senza accorgercene. Tante volte viviamo esperienze importanti ma delle quali non ci arricchiamo, non sappiamo farne tesoro. A volte si sente dire, e magari anche noi l’abbiamo detto: “ero felice e non lo sapevo”. Abbiamo sprecato la felicità, sciupato tante occasioni per vivere felici, perché noi siamo sempre stati altrove con la nostra mente, i nostri desideri, e ci lasciamo sfuggire tutte le gocce di felicità che la vita ci riserva ogni giorno.

Perché noi abbiamo motivo di essere felici? Perché viviamo nel Regno di Dio che è già qui su questa terra, perché questa è la terra di Dio, che Lui ha creato, sulla quale ha vissuto, e nella quale continua presente fino alla fine del mondo. Dove c’è Gesù c’è il Regno di Dio, come diceva quando arrivata in un posto: “Il Regno di Dio è qui”, dove ci sono io, Gesù, c’è il Regno di Dio.

III.

Ma com’è questo Regno di Dio? Ce lo dice Gesù stesso, attraverso tante parabole. Oggi ci dice che il Regno di Dio è “come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa”. Dunque qualcosa di estremamente semplice, che avviene senza noi sapere come. È qualcosa di cui non possiamo disporre, ma possiamo solo attendere.

Se nell’esempio seguente Gesù dice che il Regno di Dio “È come un granello di senape “, nel primo esempio invece non dice che è come il seme gettato nel terreno ma “come un uomo che getta il seme sul terreno”.

Quindi anche noi possiamo essere il Regno di Dio se siamo come quell’uomo che getta il seme nel terreno. Ma di seme si tratta? Certamente del seme buono, del seme della bontà, dell’amore, della bellezza, della fede: a noi sta il compito di seminare questo seme. Come si svilupperà poi dipende dal seme stesso. Dalla bontà si genera sempre bontà, così come l’amore sempre genera amore, la bellezza produce bellezza.

IV.

Qualcuno potrebbe interpretare le parole di Gesù sull’inazione del seminatore, che se dorma o vegli, il seme germoglia e cresce da solo, come un invito al quietismo, all’inazione appunto. Gesù invece affida un’importanza enorme al seminatore, al suo agire, al suo discernimento… perché il seminatore se non sta attento potrebbe seminare anche erbacce, la zizzania, e anche questa una volta seminata germoglia e cresce da sola e produce danni. Ecco che anche noi possiamo spargere sementi malefiche attorno a noi, quando vomitiamo fuori dalla bocca parole turpi, senza amore, quando seminiamo calunnie e maldicenze, quando viviamo e insegniamo malvagità, quando vogliamo proibire agli altri l’accesso al bene di cui hanno diritto. Dunque noi, dipendendo dalle sementi che gettiamo, possiamo diventare artefici della crescita del Regno di Dio nel mondo, o del regno di satana.

V.

Il secondo esempio che Gesù presenta del Regno di Dio è la comparazione a un granello di senape, minuscolo che produce non gli enormi cedri del Libano o le maestose querce, ma delle piante modeste, sufficienti però a dare rifugio agli uccelli del cielo. Piante che si piegheranno alla furia delle tempeste ma che non si spezzeranno. Il Signore schianterà i cedri del Libano, ma si prenderà cura d di queste piante resilienti. Quindi il Regno dei cieli non è qualcosa di statico, immobile, rigido ma qualcosa di flessibile, in divenire, resiliente appunto. Proprio come il nostro Dio che non è il Dio dei filosofi, cioè un’idea astratta, immutabile, onnipotente ma un Dio che si fa creatura debole, in continuo divenire, che si fa schiacciare dalla prepotenza dei potenti fino alla morte più ignobile.

VI.

Ciascuno di noi quindi è chiamato oggi a essere Regno di Dio, seminatore di cose buone e resiliente come le piante di senape, vivendo in pienezza il proprio presente, nella consapevolezza che questi che viviamo sono i migliori anni della nostra vita e ne verranno altri ancora di migliori perché come diceva il grande teologo e scienziato Teilhard de Chardin «il meglio finisce sempre per accadere e l’avvenire è migliore di qualunque passato».


🇵🇹 OS MELHORES ANOS DA NOSSA VIDA

Uma reflexão para o 11º domingo, T.O. - B. (13-6-2021)

<Mc. 4: 26-34 (O Reino de Deus como uma semente).


I.

Se eu vos perguntasse: quais são os melhores anos da sua vida? Talvez muitos responderiam: os da minha juventude, ou quando fui para a escola ou universidade, quando me casei, quando meus filhos nasceram, quando trabalhava, quando fiz aquelas viagens ou férias maravilhosas, quando vivi aquelas experiências .. . Quem sabe porque quando falamos sobre os melhores momentos da nossa vida, sempre combinamos verbos no pretérito. Os melhores anos da nossa vida são os que vivemos, porque estão grávidos de todo o bem que vivemos até agora. Carregamos conosco tudo o que foi belo em nossa vida e a cada ano isso se enriquece com momentos únicos, novos encontros, experiências que ainda não tínhamos vivido até o ano passado. Toda a beleza do passado se torna presente e nos abre para o futuro. Não temos que viver do passado ou das memórias, mas viver cada momento plenamente, com gratidão e abertos ao futuro que Deus quer para cada um de nós. Certamente o melhor ainda está por vir, porque Deus reserva felicidade infinita junto com Ele.

II.

A felicidade de que nos fala o Evangelho não diz respeito apenas ao futuro, mas também ao presente, como também afetou o nosso passado, muitas vezes sem o perceber. Muitas vezes vivemos experiências importantes, mas das quais não nos enriquecemos, não sabemos como valorizá-las. Às vezes ouvimos dizer, e talvez também o tenhamos dito: "Eu estava feliz e não sabia". Perdemos felicidade, perdemos muitas oportunidades de viver felizes, porque sempre estivemos em outro lugar com nossas mentes, nossos desejos e deixamos escapar todas as gotas de felicidade que a vida nos reserva todos os dias.

Por que temos motivos para ser felizes? Porque vivemos no Reino de Deus que já está aqui nesta terra, porque esta é a terra de Deus, que Ele criou, na qual viveu e na qual continua presente até o fim do mundo. Onde está Jesus aí está o Reino de Deus, como Ele dizia quando chegava num lugar: “O Reino de Deus está aqui”, onde eu estou, Jesus, aí está o Reino de Deus.

III.

Mas como é esse Reino de Deus? O próprio Jesus nos conta, por meio de muitas parábolas. Hoje ele nos diz que o Reino de Deus é “como o homem que lança a semente ao solo; que durma ou acorde, noite ou dia, a semente brota e cresce. Como, ele mesmo não sabe ”. Então, algo extremamente simples, que acontece sem que saibamos como. É algo que não podemos decidir, mas só podemos esperar.

Se no exemplo a seguir Jesus diz que o Reino de Deus "é como um grão de mostarda", no primeiro exemplo ele não diz que é como o grão jogado na terra, mas "como um homem que lança o grão no solo "

Portanto, nós também podemos ser o Reino de Deus se formos como aquele homem que lança a semente na terra. Mas de que semente se trata? Certamente da boa semente, da semente do bem, do amor, da beleza, da fé: cabe a nós semear esta semente. Como ela se desenvolverá depende da própria semente. A bondade sempre gera bondade, assim como o amor sempre gera amor, a beleza produz beleza.

IV.

Alguns podem interpretar as palavras de Jesus sobre a inação do semeador, que se ele dorme ou observa, a semente brota e cresce por si mesma, como um convite ao quietismo, precisamente à inação. Jesus, por outro lado, confia enorme importância ao semeador, às suas ações, ao seu discernimento ... porque se o semeador não prestar atenção pode semear joio, e uma vez semeado este também brota e cresce por si e causa danos. Aqui nós também podemos espalhar sementes do mal ao nosso redor, quando vomitamos palavras sujas de nossa boca, sem amor, quando semeamos mentira e calúnias, quando vivemos e ensinamos a maldade, quando queremos proibir os outros de acessar o bem a que eles têm direito. Portanto, nós, dependendo das sementes que plantamos, podemos nos tornar arquitetos do crescimento do Reino de Deus no mundo, ou do reino de Satanás.

V.

O segundo exemplo que Jesus dá do Reino de Deus é a comparação com um minúsculo grão de mostarda que não produz os enormes cedros do Líbano ou os majestosos carvalhos, mas plantas modestas, porém suficientes para dar abrigo aos pássaros do céu. Plantas que se curvarão à fúria das tempestades, mas não se quebrarão. O Senhor esmagará os cedros do Líbano, mas cuidará dessas plantas resilientes. Portanto, o Reino dos Céus não é algo estático, imóvel, rígido, mas algo flexível, em devir, resiliente. Assim como o nosso Deus que não é o Deus dos filósofos, ou seja, uma ideia abstrata, imutável, onipotente, mas um Deus que se faz criatura fraca, em constante evolução, que se deixa esmagar pela arrogância dos poderosos até o a mais ignóbil morte.

VI.

Cada um de nós é, portanto, chamado hoje ser Reino de Deus, semeador de coisas boas e resilientes como planta de mostarda, vivendo o presente em plenitude, na consciência de que estes são os melhores anos da nossa vida e outros virão ainda melhores porque como dizia o grande teólogo e cientista Teilhard de Chardin “o melhor sempre acaba acontecendo e o futuro é melhor do que qualquer passado”.


🇬🇧 THE BEST YEARS OF OUR LIFE

A reflection for the 11th Sunday, T.O. - B. (13-6-2021)

<Mc. 4: 26-34 (The Kingdom of God as a seed).


I.

If I asked you: what are the best years of your life? Perhaps many would answer: those of my youth, or when I went to school or university, when I got married, when my children were born, when I worked, when I made those wonderful trips or vacations, when I lived those experiences ... Who knows because when we talk about the best moments of our life, we always conjugate verbs in the past tense. The best years of our life are the ones we are living, because they are pregnant with all the good that we have lived so far. We carry everything that has been beautiful in our life and every year it is enriched with unique moments, new encounters, experiences that we had not yet had until last year. All the beauty of the past becomes present and opens us to the future. We do not have to live from the past or from memories, but to live every moment fully, with gratitude and open to the future that God will want for each of us.

Surely the best is yet to come, because God reserves endless happiness with Him.

II.

The happiness of which the Gospel speaks to us is not something that concerns only the future, but also the present, just as it has also affected our past, many times without realizing it. Many times we live important experiences but of which we do not enrich ourselves, we do not know how to treasure them. Sometimes we hear it said, and maybe we have said it too: "I was happy and I didn't know". We have wasted happiness, wasted many opportunities to live happily, because we have always been elsewhere with our minds, our desires, and we let slip all the drops of happiness that life reserves for us every day.

Why do we have reason to be happy? Because we live in the Kingdom of God which is already here on this earth, because this is the land of God, which He created, on which He lived, and in which He continues present until the end of the world. Where there is Jesus, there is the Kingdom of God, as He used to say when He arrived in a place: "The Kingdom of God is here", where I am, Jesus, there is the Kingdom of God.

III.

But what is this Kingdom of God like? Jesus himself tells us, through many parables. Today he tells us that the Kingdom of God is “like a man who throws the seed on the ground; sleep or wake, night or day, the seed sprouts and grows. How, he himself does not know ”. So something extremely simple, which happens without us knowing how. It is something we cannot dispose of, but we can only wait.

If in the following example Jesus says that the Kingdom of God "is like a mustard seed", in the first example he does not say that it is like the seed thrown into the ground but "like a man who throws the seed on the ground".

So we too can be the Kingdom of God if we are like that man who throws the seed into the ground. But what kind of seed? Certainly the good seed, the seed of goodness, of love, of beauty, of faith: it is up to us to sow this seed. How it will develop then depends on the seed itself. Goodness always generates goodness, just as love always generates love, beauty produces beauty.

IV.

Some might interpret the words of Jesus on the no action of the sower, that if he sleeps or watches, the seed sprouts and grows by itself, as an invitation to quietism, precisely to no action. Jesus, on the other hand, entrusts enormous importance to the sower, to his actions, to his discernment ... because if the sower is not careful he could also sow weeds, and once sown this too sprouts and grows by itself and causes damage. Here we too can spread evil seeds around us, when we vomit foul words out of our mouth, words without love, when we sow lies and slander, when we live and teach wickedness, when we want to prohibit others from accessing the good to which they are entitled. So we, depending on the seeds we sow, can become architects of the growth of the Kingdom of God in the world, or of the kingdom of Satan.

V.

The second example that Jesus presents of the Kingdom of God is the comparison to a tiny mustard seed that produces not the enormous cedars of Lebanon or the majestic oaks, but modest plants, however sufficient to give shelter to the birds of the sky. Plants that will bend to the fury of the storms but that will not break. The Lord will crush the cedars of Lebanon, but he will take care of these resilient plants. Therefore the Kingdom of Heaven is not something static, immobile, rigid but something flexible, in the making, resilient precisely. Just like our God who is not the God of the philosophers, that is, an abstract idea, immutable, omnipotent but a God who makes himself a weak creature, in constant evolution, who lets himself be crushed by the arrogance of the powerful until the most ignoble death.

VI.

Each of us is therefore called today to be the Kingdom of God, sower of good and resilient things like mustard plants, living one's present to the full, in the awareness that these are the best years of our life and others will come even better because as he said the great theologian and scientist Teilhard de Chardin "the best always ends up happening and the future is better than any past".


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