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DA SCONOSCIUTI A INNAMORATI (Alfa)  

 Commento al Vangelo della

Gv 8,1-11


I.


L'anno scorso il giovane e bravo cantante genovese Alfa ci aveva sorpreso con il suo album dal titolo affascinante: “Non so chi ha creato il mondo, ma so che era innamorato”. Senza accorgersene - o forse sì - ha centrato la verità teologica più grande, e cioè che chi ha creato il mondo non può essere stato altri che l'Amore (nota bene: Amore con la A maiuscola). Nel ritornello della canzone però Alfa dice, stranamente: “Siamo soltanto una casualità in mezzo all'Universo". Ma caro Alfa, se è vero, come tu dici, che "un innamorato ha creato il mondo", come puoi parlare di casualità? Nessuno è frutto del caso, ma dell'Innamorato.

Alfa, forse per consolare la sua amica, le dice: “Ma se stai con me / Poi tutto ha un senso / e niente ha un “se””. Ma ancora una volta, caro Alfa, non pensi che tutto avrebbe un senso non tanto se lei sta con te, ma se tutte e due state insieme all'Innamorato che ha creato il mondo e che mette le ali al vostro amore?


II.


Vi chiederete perché vi sto parlando di Alfa? Perché nella riedizione digitale dello stesso album, questo brillante cantante ci ha regalato un'altra stupenda canzone, “Filo rosso”, dove dice: "Gli altri che ti guardano / Non ti guardano come ti guardo io". Ho voluto prendere questa frase come chiave di lettura del Vangelo di questa domenica, che ci parla della donna sorpresa in adulterio. Tutta la scena gira attorno agli sguardi degli altri e allo sguardo di Gesù. Gli "altri" guardano quella donna come una fedifraga (da "fidem frangere", cioè “rompere la fede, la fedeltà”). L'avevano già condannata a morte - tenevano già le pietre in mano, pronte per scagliarle - e la strattonavano da una parte all'altra come un sacco di patate, compiendo così degli atti gravemente irrispettosi, molto peggiori di quello che aveva commesso lei.

Gesù si trova improvvisamente davanti quella donna, ma Lui non la guarda come gli altri la guardano: Lui la guarda come sua figlia. Non si associa a quei giustizialisti e non la tratta come fanno loro. Non la giustifica dicendo che quello che ha fatto non è poi così grave, ma opera una separazione tra il peccato e la persona che ha commesso il peccato. Agli altri invece piace guardare le persone identificandole con il male che hanno commesso. Quella donna è sempre stata identificata come l'adultera, ma sarà che in tutta la sua vita ha fatto solo quello? Vi ricordate il caso di qualche anno fa, di quella donna uccisa e fatta a pezzi? I giornali si sono precipitati a definirla in modo volgare, senza interessarsi di chi fosse realmente, della sua vita, senza conoscere le sue lotte, i suoi desideri, le sue sofferenze, senza curarsi dello strazio dei suoi genitori. Gesù invece guarda la persona che ha davanti, non come un' "adultera" ma come una “Donna”: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». La chiama con lo stesso appellativo con cui ha chiamato più volte anche sua madre Maria: “Donna, non è ancora giunta la mia ora”, “Donna, ecco tuo figlio”. Impariamo da Gesù a guardare con occhi diversi, senza identificare il peccato con la persona che lo ha commesso. Quella donna quindi non è l'“adultera” ma una persona che ha commesso adulterio. Così vale per gli altri casi: non “ladro” ma persona che ha commesso un furto; non “assassino” ma persona che ha commesso un omicidio; non “bugiardo” ma persona che ha detto delle bugie; non “traditore” ma persona che ha fatto un tradimento. Prima viene sempre la persona, che è qualcosa di sacro, poi viene quello che fa. Una persona rimane sempre persona, rimane sempre figlia di Dio, e se commette sbagli e peccati, non diventa “sbagliata” o “peccatrice”, ma una persona che ha commesso sbagli, che ha commesso peccati. Ricordarci della nostra dignità di persone ci spinge a rimediare, a riparare il nostro sbaglio e a vivere una vita nuova.


III.


In conclusione.

Sembra che per secoli questo brano di Vangelo non sia stato inserito nella Bibbia e non si leggesse mai nelle celebrazioni liturgiche, perché dava fastidio, soprattutto ai rigoristi che trovavano indecente questa tolleranza di Gesù, il quale, dicendo “Neanch'io ti condanno”, avrebbe incentivato la dissolutezza. Per Gesù non era necessario infierire oltre: quella donna aveva già pagato fin troppo il suo peccato con il pubblico ludibrio, l'ignominia, l'infamia caduta sulla sua persona e sulla sua famiglia... non servivano altre condanne. Bisognava invece ricominciare, ridare nuova vita, ridare futuro. Le persone che sbagliano, ha detto Papa Francesco, hanno diritto al perdono. Con la sua risposta stupefacente: “Chi è senza peccato scagli la prima pietra”, Gesù non solo salverà la vita di quella donna, ma salverà anche tutte quelle persone dal compiere un male ancora peggiore dell'adulterio: l'omicidio. Il fatto che tutti, dal più vecchio al più giovane, se ne siano andati via, rivela che l'umanità non si divide in due categorie: quella dei santi e quella dei peccatori, ma che esiste una sola categoria, quella delle persone che commettono peccati, distinti tra loro in due sottocategorie: coloro il cui peccato è stato smascherato e sbandierato davanti a tutti, e coloro il cui peccato è rimasto ancora nascosto.

Anche noi lasciamo cadere per terra le nostre pietre, perché in fondo siamo tutti adulteri, fedifraghi, ogni volta che non amiamo le persone che ci amano, quando inganniamo, quando rinneghiamo Dio, gli amici, gli altri e noi stessi. Dobbiamo sempre stare attenti, perché come ci ricorda Alfa, oltre al passaggio “da sconosciuti a innamorati”, purtroppo è possibile anche il passaggio inverso: "da innamorati a sconosciuti".



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AVVISO. Durante la quaresima puoi trovare i miei commenti al vangelo dei giorni feriali in qumran2.net alla sezione Commenti/feriali o sul mio profilo Facebook

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